#day4 #samburusmile
Quando si decide di affrontare un viaggio non turistico (mi viene difficile definirlo “umanitario”; ma il senso è quello) in un paese lontano e assai diverso dal proprio, si mettono in preventivo gioie e dolori.
Si sa, se non si è del tutto ingenui, che ci saranno delle giornate positive ed altre negative, tante cose belle da raccontare ma anche, ahimè, brutte, che si vorrebbe evitare di dire,e persone che ti aiutano come altre che ti ostacolano!
Però sì è sempre più propensi ad enfatizzare la parte positiva che quella negativa della missione, come se il negativo rappresenti il nostro fallimento…
Il viaggio di quest anno non sfugge alla “regola”, e dopo un inizio promettente, oggi è arrivata una giornata che anni fa avrei voluto cancellare, mentre adesso è necessario che riesca ad analizzarla per bene.
Spesso, nonostante non sia un “novizio” di viaggi in Africa, finisco per cadere in uno stereotipo abbastanza comune, e cioè che noi occidentali sappiamo cosa è bene e cosa è male, non solo per noi, ma anche per coloro che abbiamo la presunzione di (voler) aiutare.
Ma cosa ci può insegnare l’Africa, o una situazione come quella in cui ho scelto di “fiondarmi”?
La storia ci insegna che spesso e volentieri il nostro modo di fare (e di pensare) ha aperto ferite enormi in questo continente.
Se pensiamo al colonialismo ce ne rendiamo conto benissimo, con tutte le conseguenze negative, soprattutto, e positive (assai poche attualmente). Sappiamo, oggi, quanti danni ha provocato. Questa presunzione, nolenti o volenti, appartiene al nostro dna, permea anche coloro che fanno dell’aiuto a quella parte di mondo messo ai margini, di chi soffre, una bandiera.
L’Africa ci dovrebbe insegnare, o almeno a me ha insegnato, in passato, che il lamento serve a poco; ciò che fa la differenza è passare dal lamento al rammendo.
E trovare strade nuove per dare valore a quanto ci sembrava perduto. Mi ha insegnato a mettere alla prova tutti gli schemi fissi, compreso un certo delirio di onnipotenza occidentale. Mi ha insegnato che la frugalità non è un limite, ma può diventare un’opportunità per fare leva più sull’intelligenza e lo studio che sul denaro. E a non avere paura dei figli: sono vita, coraggio, sfida, futuro, entusiasmo”.
“Aiutiamioli a casa loro!”
Quante volte questo slogan ha fatto capolino nei dibattiti policicliche tra destra e sinistra italiana.
Ok, dando per assodato che io (come tanti altri) ci provo ad aiutarli a casa loro, la cosa che rende tutto maledettamente complicato è che se vengo a casa loro per aiutarli, in qualche modo devo allinearmi ai loro midi di fare.
E quindi il primo step da fare è convincersi di questo.
L’Africa non è quel monolite stereotipato che pensiamo, ma una realtà molto diversificata.
Bisogna necessariamente esser in grado di uscire da una logica di emergenza per entrare in una solidarietà nel tempo, nella consapevolezza di un destino comune”. Insomma non “per l’Africa”, ma “con l’Africa”.
E allora il mantra, dopo una giornata del genere, deve, che piaccia o non piaccia, essere quello di respirare, mandare giù, e cercare di capire come scegliere certi nodi, con la consapevolezza che non andrà mai tutto come piacerebbe a me, ma deve andare come piace a loro, e come serve a me!
Perché io sogno un futuro migliore per questi bambini…
Perché goccia dopo goccia nasce un fiume…
Perché altrimenti l’alternativa è starsene comodamente nella propria realtà e illudersi che le cose cambino da sole, con il tempo.
Pole Pole