Ed eccoci qui, in volo verso casa!
Difficile riuscire a riposare, anche se la stanchezza è tanta… la testa continua a lavorare, macina pensieri, idee, emozioni, che in queste ultime 8 settimane mi hanno ridato in parte fiducia in un progetto a cui ancora credo, ma che mi hanno anche fatto riflettere sugli errori commessi nel recente passato.
Nel cuore tante “fotografie”, come ad esempio la più recente, relativa alla cena di ieri sera, dove, attorno ad un tavolo di un tipico ristorante africano di Nairobi, sono riuscito a riunire quella che sta diventando la “mia” squadra, 7 volontari kenioti, tutti di Nairobi, che assolutamente senza nessun interesse, si daranno da fare nei prossimi 10 mesi per fare quel lavoro di raccordo tra me e i Samburu che negli scorsi anni tanto è mancato!
E nei loro occhi ho visto la gioia, la speranza, la voglia di rendersi utili per il loro paese, ma anche la curiosità per affrontare viaggi in una zona del Kenya a loro ancora sconosciuta…
3 di loro sono degli allenatori, 2 giocatrici, e poi i miei fidati amici e “fratelli” David e Alice, che si prenderanno cura di tutta la parte “gestionale”.
Sto cercando di dare una struttura un po’ più organizzata a Samburu Smile, perché mi sono reso conto che l’errore più grande che ho fatto è stato confidare troppo nelle capacità organizzative dei Samburu, che sono persone adorabili, ma hanno bisogno di essere costantemente guidati, proprio come i loro greggi di animali al pascolo, che senza il loro pastore, vanno un po’ dove capita…
L’idea è di organizzare dei viaggi a cadenza mensile durante i quali piccoli gruppi composti da coach e giocatori di Nairobi possano andare a supportare le attività delle Academy di Tuum e di Suguta, dare una mano a coach ancora troppo giovani e inesperti per camminare da soli, aiutarli nel percorso di formazione iniziato.
Quel che finora è successo è che di fronte alle prime difficoltà qualcuno di loro, in terra Samburu, abbia mollato un po’ troppo facilmente, non per cattiveria, ma per inesperienza e per “indole”!
Ho imparato in questi anni che la maggior parte di loro, davanti ad un compito assegnato e “seguito” dimostra anche discrete capacità, ma peccano completamente di capacità di prendere iniziativa, e, sorprendentemente, di adattarsi a nuove situazioni.
Andrebbero seguiti passo passo, ma ciò ovviamente, per cause logistiche, è impossibile.
Tra poco riapriranno le scuole, e con loro anche le attività delle Academy…
Le previsioni sono di coinvolgere in modo diretto circa 150-160 ragazzi e ragazze sia a Tuum che a Suguta Marmar, divisi in gruppi di circa 20 unità, uno per ognuno delle 8 classi della Primary School.
I ragazzi, oltre alla scuola e a 2-3 allenamenti settimanali di basket, a seconda delle fascia d’età, dovranno seguire delle lezioni di “life skills”, una sorta di educazione civica applicata alla vita quotidiana e alla realtà locale, e da gennaio in poi, insieme ai loro coach, stabilire un progetto di “riqualificazione” della missione da mettere in atto in modo del tutto autonomo, in modo da trasferire loro un certo senso di comunità che ho visto sempre più scomparire.
Potranno decidere tra giardinaggio, piccoli lavori di falegnameria come risistemare le panchine, o anche semplicemente ridipingere spazi comuni.
Il concetto che vorrei far passare è che il posto nell’Academy va conquistato, non è un regalo, e chi avrà un rendimento scolastico insufficiente verrà messo da parte, pur se bravo/a con la palla a spicchi tra le mani, perché il fine primario che mi pongo tramite SAMBURU SMILE resta quello di dare loro un metodo che li aiuti nella vita scolastica innanzitutto.
E per questo stesso motivo, ogni fine trimestre, i migliori “studenti-giocatori” verranno premiati per il loro impegno.
Gli allenamenti, sempre per questo motivo, saranno prevalentemente in inglese, e in parte in Kiswahili, e non in Samburu che è la lingua che parlano più di frequente.
L’idea è sempre quella di dare loro un’ulteriore motivazione nell’apprendimento di una lingua che, in villaggi così isolati, appare un po’ morta e inutile, dato che praticamente mai si trovano ad interagire con persone di altre tribù ne tantomeno di altre nazioni.
Ora che tutto è stato “pianificato” e avviato, attendo con fiducia e impazienza che arrivino i primi feedback, consapevole che se a Tuum ho individuato un gruppo di giovani coach motivati e “affamati”, a Suguta c’è ancora da lavorare molto.